26 - 08
2024
PEREQUAZIONE > TUTTI GLI ARTICOLI
L’articolo interessa:
In questo articolo a firma dell’avv Eleonora Barbini tratteremo analiticamente dell’evoluzione normativa e giurisprudenziale della perequazione dei trattamenti pensionistici fino alle sentenze più recenti in materia che purtroppo registrano una battuta di arresto per i pensionati.
Infatti i giudici contabili che ad oggi si sono espressi in materia hanno rigettato i ricorsi promossi dai pensionati con la seguente argomentazione: “l’adeguamento delle pensioni all’inflazione non costituisce un diritto quesito ed è soprattutto legittimo il suo raffreddamento essendo riconosciuta ampia discrezionalità al legislatore, da esercitarsi nella considerazione, da un lato, delle risorse disponibili, e, dall’altro, della garanzia irrinunciabile delle esigenze minime di protezione della persona (Corte Cost. n. 316/2010 e n. 234/2020) permanendo un obbligo di motivazione che, nel caso di specie è stato assolto da parte della relazione tecnica al disegno della legge di bilancio 2023.”
Pertanto non resta che attendere le pronunce di quelle sezioni territoriali della corte dei conti o del giudice del lavoro che ancora non si sono espresse e sperare nella proposizione di questione di legittimità costituzionale.
Buona lettura.
La perequazione delle pensioni per gli anni 2023-2024 è stata regolata dalla Legge di Bilancio 2023 approvata il 29 Dicembre 2022 che, nel disciplinare la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici, ha previsto che la stessa avvenisse nella misura del 100% dell’indice di perequazione per i trattamenti complessivamente pari o inferiori a quattro volte il trattamento minimo INPS.
Per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a quattro volte il trattamento minimo INPS il legislatore ha invece previsto una rivalutazione automatica:
– nella misura dell’85% per i trattamenti pensionistici complessivamente pari o inferiori a cinque volte il trattamento minimo INPS;
– nella misura del 53% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a cinque volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a sei volte il trattamento minimo INPS;
– nella misura del 47% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a sei volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a otto volte il trattamento minimo INPS;
– nella misura del 37% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a otto volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a dieci volte il trattamento minimo INPS;
– nella misura del 32% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a dieci volte il trattamento minimo INPS.
Con il Decreto 20 novembre 2023 del Ministero dell’Economia concertato con quello del Lavoro, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 279 del 29 novembre 2023, l’indice di perequazione per l’anno 2023 è stato fissato nella misura definitiva del 8,1% (rispetto al 7,3% comunicato in via previsionale l’anno precedente) e, per l’anno 2024, nella misura provvisoria del 5,4%.
Il nuovo modulo perequativo sopra descritto, si innesta in una ormai ultradecennale problematica che prende le mosse dalla Legge Fornero (D.L. 6.12.2011 n° 201 – Decreto Salva Italia – convertito in L. 22.12.2011 n° 214) e, a fronte della sua intercorsa declaratoria di incostituzionalità (sent. 70/2015), è proseguita con il cosiddetto “Bonus Poletti” (D.L. n° 65/2015). Quest’ultimo è stato dichiarato costituzionalmente legittimo dal Giudice delle Leggi con Sentenza n. 250/2017 sulla scorta del principio che il raffreddamento della dinamica perequativa realizzava: “Un bilanciamento non irragionevole tra i diritti dei pensionati e le esigenze della finanza pubblica.”
Sull’onda del vissuto giurisprudenziale, con legge 145/2018, il legislatore è intervenuto con un nuovo blocco triennale del meccanismo perequativo, introducendo anche un contributo di solidarietà a carico delle pensioni più alte per la durata di cinque anni.
L’ulteriore questione di legittimità, sollevata da vari Tribunali e Corti dei Conti territoriali, è stata definita con sentenza 234/2020 con la quale la Corte Costituzionale, pur respingendo i dubbi di costituzionalità sollevati in relazione ai meccanismi perequativi di cui alla legge 145/2018, ha stabilito che i principi costituzionali di ragionevolezza e proporzionalità, dovessero trovare applicazione anche in punto di prelievo di solidarietà e riguardo alla sua misura. Riguardo poi al raffreddamento della dinamica perequativa, la Corte ha ribadito la sussistenza di un limite di ordine temporale, poiché: “«la sospensione a tempo indeterminato del meccanismo perequativo, ovvero la frequente reiterazione di misure intese a paralizzarlo, esporrebbero il sistema ad evidenti tensioni con gli invalicabili principi di ragionevolezza e proporzionalità»; invero anche le pensioni di maggiore consistenza «potrebbero non essere sufficientemente difese in relazione ai mutamenti del potere d’acquisto della moneta» (sentenza n. 316 del 2010)”.
La stessa Corte Costituzionale, in più pronunce rese nel corso degli anni, nella prospettiva della piena attuazione dell’art. 38 comma 2° della Costituzione, ha inoltre affermato che la perequazione automatica è uno strumento di natura tecnica volto a garantire nel tempo l’adeguatezza dei trattamenti pensionistici, dei quali salvaguarda il valore reale al cospetto della pressione inflazionistica.
Con l’art. 1 comma 309 della Legge 197/2022, il legislatore ha introdotto l’ennesimo raffreddamento della perequazione con le misure sopra indicate, andando ad incidere, senza alcuna soluzione di continuità rispetto al recente passato, sul valore reale dei trattamenti pensionistici.
Alla luce dei principi enunciati nel tempo dalla Corte Costituzionale con il nostro articolo “Perequazione 2023/2024” del 21.11.2022 suggerivamo ai pensionati del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico, di inviare una diffida all’INPS affinché questi rideterminasse la rivalutazione automatica della pensione per gli anni 2023-2024 in misura pari all’indice di perequazione. Rappresentavamo inoltre come, a fronte dell’inevitabile diniego o silenzio dell’INPS, sarebbe stato possibile promuovere ricorso davanti alla Corte dei Conti rappresentando alla stessa come l’attuale normativa manifesti profili di illegittimità costituzione e ciò affinché la Corte dei Conti, rimettesse alla Corte Costituzionale ogni valutazione in merito.
A distanza di tempo ci troviamo adesso a fare il punto sulle decisioni assunte in questi ultimi mesi dalle sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei Conti investite dei ricorsi sulla perequazione.
Si sono pronunciate in materia la Corte dei Conti Friuli Venezia Giulia con la sentenza n. 11/2024, la Corte dei Conti Veneto con le sentenze 54, 55 e 82 del 2024, la Corte dei Conti Lombardia con le sentenze nn. 64 e 131 del 2024, la Corte dei Conti Umbria con le sentenze n. 20 e 21 del 2024, la Corte dei Conti Sardegna con le sentenze nn. 100 e 131 del 2024, la Corte dei Conti Trentino Alto Adige sede di Trento con la sentenza n. 14/2024, la Corte dei Conti Sicilia con la sentenza n. 180/2024, la Corte dei Conti Toscana con la sentenza n. 72/2024, la Corte dei Conti Calabria con la sentenza n. 128/2024.
In tutte le decisioni sopra richiamate la Corte dei Conti ha respinto i ricorsi incardinati dai pensionati ritenendo che l’art. 1 comma 309 della Legge 197/2022 non integri alcuna violazione dei principi costituzionali. In particolare la giurisprudenza ha escluso che “la previsione di cui al comma 309 della legge 197/2022 determini, attraverso il meccanismo di trascinamento, un eccessivo aggravio delle misure restrittive in vigore negli anni precedenti. Né ad una diversa conclusione può addivenirsi per effetto dell’aumento del tasso di inflazione verificatosi nel 2022 e 2023, dovendosi a tal fine rilevare da un lato l’esclusione dalla riduzione della perequazione delle pensioni fino a quattro volte il trattamento minimo ( mentre nel precedente intervento l’esclusione riguardava le pensioni fino tre volte il trattamento minimo) e dall’altro la mancata puntuale specificazione da parte del ricorrente – rientrante in una delle fasce di importi più elevati – di elementi tali da dimostrare che la misura adottata, comportante comunque un aumento percentuale del trattamento, abbia irragionevolmente compromesso i margini di resistenza connaturati a posizioni di reddito più alte.” (sentenza Corte dei Conti Friuli Venezia Giulia n. 11/2024).
La giurisprudenza attuale afferma che “l’adeguamento delle pensioni all’inflazione non costituisce un diritto quesito ed è soprattutto legittimo il suo raffreddamento essendo riconosciuta ampia discrezionalità al legislatore, da esercitarsi nella considerazione, da un lato, delle risorse disponibili, e, dall’altro, della garanzia irrinunciabile delle esigenze minime di protezione della persona (Corte Cost. n. 316/2010 e n. 234/2020) permanendo un obbligo di motivazione che, nel caso di specie è stato assolto da parte della relazione tecnica al disegno della legge di bilancio 2023.
Tutti tali parametri risultano rispettati con esclusione di ogni censura di arbitrarietà ed irragionevolezza, essendo stata introdotta una decurtazione non del trattamento ma del solo suo adeguamento perequativo comunque limitata e di rilievo contenuto (stante anche il limitato effetto di trascinamento di cui si è sopra già trattato), strettamente connessa al livello del trattamento pensionistico (così pienamente rispettosa della diversa misura dei trattamenti percepiti), limitata temporalmente (non superando l’orizzonte biennale 2023-2024), motivata con esigenze di bilancio anche endoprevidenziali e non irragionevoli (a termini della relazione illustrativa alla legge di bilancio), senza determinare “una decurtazione patrimoniale definitiva del trattamento pensionistico, con acquisizione al bilancio statale del relativo ammontare”, elemento che caratterizza invece le prestazioni imposte di tipo tributario (Corte Cost., sentenza n. 234/2020)” (Corte dei Conti Veneto sentenza 54/2024).
A fronte dell’orientamento giurisprudenziale che si sta consolidando, non ci resta che confidare in una diversa valutazione da parte delle varie sezioni giurisdizionali della Corte dei Conti che, ad oggi, non si sono ancora espresse.
Solo all’esito di un coraggioso revirement giurisprudenziale con conseguente rinvio dell’attuale normativa sulla perequazione dei trattamenti pensionistici al vaglio della Corte Costituzionale, si potrà sperare in una maggior tutela della pensione dalla crescente inflazione.
Ad Majora,
Arezzo – 26 Agosto 2024
Avv. Eleonora Barbini
Avv. Chiara Chessa
Avv. Guido Chessa
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