Gli Effetti del Blocco Stipendiale – Gli Orientamenti Interpretativi Del Giudice Delle Pensioni In Attesa Della Corte Costituzionale

Gli Effetti del Blocco Stipendiale – Gli Orientamenti Interpretativi Del Giudice Delle Pensioni In Attesa Della Corte Costituzionale
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Blocco Stipendiale - Gli orientamenti in attesa della Corte Costituzionale

Uno dei “temi caldi” del momento, che interessano i pensionati del Comparto Sicurezza e Difesa collocati in quiescenza nel periodo tra il 01/01/2011 e il 31/12/2014, è quello concernente il cd.” blocco stipendiale“.
Nell’arco temporale sopra descritto il legislatore, al fine di contenere la spesa pubblica, aveva infatti disposto la sospensione degli aumenti retributivi anche per il personale del Comparto Sicurezza e Difesa. Con la normativa che disponeva il blocco della contrattazione nel pubblico impiego (art. 9, comma 21, D.L. 78/2010 convertito dalla Legge n. 122/2010) il legislatore aveva infatti statuito che “I meccanismi di adeguamento retributivo per il personale non contrattualizzato di cui all’articolo 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, così come previsti dall’articolo 24 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, non si applicano per gli anni 2011, 2012 e 2013 ancorché a titolo di acconto, e non danno comunque luogo a successivi recuperi . Per le categorie di personale di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni, che fruiscono di un meccanismo di progressione automatica degli stipendi, gli anni 2011, 2012 e 2013 non sono utili ai fini della maturazione delle classi e degli scatti di stipendio previsti dai rispettivi ordinamenti. Per il personale contrattualizzato le progressioni di carriera comunque denominate ed i passaggi tra le aree (parametri per il comparto sicurezza e difesa) eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici” .
Gli effetti del blocco dei trattamenti economici era stato successivamente esteso fino al 31.12.2014 in forza dell’art. 16, comma 1, D.L. 98/2011 convertito in Legge n. 111/2011, cui era stata data attuazione con il DPR n. 122 del 04/09/2013.
Semplificando al massimo il contenuto delle richiamate disposizioni normative, il legislatore aveva con le stesse previsto che le progressioni di carriera comunque denominate, eventualmente disposte negli anni 2011, 2012, 2013 e 2014 avessero effetto, per i predetti anni, a fini esclusivamente giuridici e non economici. Conseguentemente coloro che in servizio maturavano, ad esempio, il grado superiore o acquisivano l’assegno funzionale in relazione all’anzianità maturata, non ne percepivano i benefici economici nell’arco temporale tra il 01/01/2011 e il 31/12/2014.
Per effetto della legge di stabilità 2015 (Legge n. 190 del 23/12/2014, art. 1 commi 266 e 267) è venuta meno la cristallizzazione degli incrementi retributivi: pertanto, per coloro che negli anni pregressi avevano acquisito la qualifica superiore o maturato l’assegno funzionale ecc., è scattato, con decorrenza dal 1 Gennaio 2015, l’adeguamento stipendiale corrispondente, senza tuttavia il diritto agli arretrati.
Nessun incremento automatico della pensione a decorrere dal 01/01/2015 è invece stato riconosciuto a coloro che negli anni 2011-2014 avevano conseguito progressioni di carriera comunque denominate e, al contempo, erano stati posti in quiescenza, nella vigenza del “blocco”, entro il 31/12/2014. Per questi ultimi il “blocco stipendiale”, che per sua natura avrebbe dovuto essere misura d’urgenza a carattere meramente provvisorio, ha così assunto carattere definitivo.
A fronte di tale evidente e ingiustificata discriminazione perpetrata in danno al personale cessato dal servizio nel suddetto periodo, sono stati promossi ricorsi innanzi alle varie Sezioni Giurisdizionali Regionali della Corte dei Conti che, ancora una volta, hanno portato a esiti contrastanti.
Si segnalano al riguardo tre orientamenti giurisprudenziali destinati a essere ben presto uniformati dall’imminente pronuncia della Corte Costituzionale sulla tematica in esame.
Secondo un primo indirizzo (seguito dalla Corte dei Conti, Sezioni Giurisdizionali Piemonte e Toscana), l’attuale quadro normativo non consente di riconoscere alcun adeguamento del trattamento di quiescenza agli appartenenti al Comparto Difesa e Sicurezza che, pur avendo conseguito progressioni di carriera nel periodo 2011-2014, sono stati posti in congedo entro il 31.12.2014. Infatti le norme vigenti imporrebbero di determinare la misura del trattamento di quiescenza considerando la retribuzione, gli assegni e le indennità pensionabili integralmente percepiti (si vedano al riguardo l’art. 43 del D.P.R. 1092/1973 per i dipendenti civili dello Stato e l’art. 53 del medesimo DPR 1092/1973 per i militari). Pertanto, in assenza di una specifica disposizione legislativa al riguardo, non ci sarebbe spazio per riconoscere alcun adeguamento del trattamento pensionistico.
L’indirizzo favorevole all’accoglimento delle istanze dei ricorrenti si è invece affermato in seno alla Corte dei Conti, Sezioni Giurisdizionali della Calabria e del Lazio, che hanno optato per una interpretazione costituzionalmente orientata delle norme sul blocco stipendiale.
Le pronunce suddette evidenziano come la scelta del legislatore fosse quella di realizzare un taglio alla spesa limitato nel tempo, sospendendo gli effetti economici della progressione di carriera solo durante gli anni 2011-2014. I giudici delle pensioni esaminano inoltre gli insegnamenti della Corte Costituzionale: questa, già chiamata a pronunciarsi sulla legittimità del blocco della contrattazione nel pubblico impiego, aveva ravvisato nel carattere eccezionale, transeunte, temporalmente limitato dei sacrifici richiesti al fine di contenere la spesa pubblica, le condizioni essenziali per escludere l’irragionevolezza delle misure in esame.
Partendo da tali assunti i giudici concludono che, ove non si riconoscesse ai soggetti cessati dal servizio per limiti di età durante il blocco degli stipendi la possibilità di vedersi riconosciuti gli emolumenti pensionabili derivanti dalla progressione di carriera avvenuta durante la cristallizzazione delle retribuzioni, si determinerebbe un effetto definitivo penalizzante per taluni soggetti in violazione dei principi costituzionali .
Il terzo filone giurisprudenziale è quello partito dalla Corte dei Conti Sezione Giurisdizionale per la Regione Liguria che ha portato all’attenzione della Corte Costituzionale la tematica oggetto di discussione in questo articolo.
Il Giudice ligure, come quelli toscani e piemontesi, è partito dalla considerazione che in base alle norme attualmente vigenti il trattamento di quiescenza può essere determinato solo considerando la retribuzione, gli assegni e le indennità pensionabili integralmente percepiti e non anche gli emolumenti pensionabili maturati giuridicamente durante il blocco, senza alcuna corrispondente attribuzione economica. Pertanto non ci sarebbe spazio nell’attuale quadro normativo per riconoscere alcun adeguamento del trattamento pensionistico.
Il Giudice ligure, tuttavia, concorda con i colleghi della Calabria e del Lazio nel ritenere che l’applicazione della disciplina attuale comporterebbe una violazione dei principi costituzionali e una sostanziale disparità di trattamento tra gli appartenenti al Comparto Sicurezza e Difesa andati in quiescenza a partire dal 01.01.2015 e i colleghi – con pari grado e anzianità maturati nella vigenza del blocco – cessati dal servizio entro il 31.12.2014.
Alla luce di una attenta e lucida analisi della disciplina legislativa vigente e degli insegnamenti della Corte Costituzionale, la Corte dei Conti di Genova, nel novembre 2016, ha dunque rimesso al Giudice delle Leggi il compito di decidere se l’art. 9, comma 21, terzo periodo, del D.L. 78/2010 – convertito con modifiche dall’art. 1, comma 1 della Legge n. 122/2010 – e l’art. 16, comma 1, lett. b) del D.L. 98/2011 – convertito con modifiche dall’art. 1, comma 1 della Legge 111/2011 – presentino profili di incostituzionalità per contrasto con l’art. 3 della Costituzione ” nella parte in cui dette norme non hanno previsto, nei confronti dei soggetti che sarebbero cessati dal servizio nell’arco temporale della “cristallizzazione” la valorizzazione in quiescenza, a decorrere dalla data di cessazione del blocco, degli emolumenti pensionabili derivanti dalle progressioni di carriera conseguite durante il blocco stesso “.
Alcuni dei giudizi incardinati dopo l’ordinanza di rimessione ligure sono stati sospesi in attesa della pronuncia della Corte Costituzionale che dovrebbe essere ormai prossima, essendosi già svolta nel giugno scorso la relativa udienza.
Per gli appartenenti al Comparto Sicurezza e Difesa – che hanno conseguito progressioni di carriera negli anni 2011-2014 cessando tuttavia dal servizio entro la vigenza del blocco – non resta che attendere la decisione della Corte Costituzionale. Infatti, qualora fosse confermata l’illegittimità costituzionale della normativa sul blocco stipendiale, nei termini indicati dall’ordinanza di rimessione della Corte dei Conti ligure, questi avranno diritto al conseguente ricalcolo pensionistico, in ragione dell’efficacia erga omnes dell’eventuale sentenza interpretativa di accoglimento: potranno dunque diffidare l’INPS a dare attuazione all’auspicata sentenza in via stragiudiziale o con ricorso amministrativo.
Confidando in una positiva pronuncia, vi invitiamo a rimanere “connessi” per conoscere l’esito del giudizio di costituzionalità.

Arezzo – 1 Settembre 2018

Avv. Eleonora Barbini

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